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16° Congresso Aiaf, Assiom e Atic Forex - Napoli 2010

 
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Al Forex i banchieri chiedono una politica per la crescita

Dal nostro inviato Mara Monti

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14 febbraio 2010
Forex 2010, convegno Il Sole 24 Ore Radiocor. Da sinistra l'amministratore delegato di Unicredit Alessandro Profumo, Francesco Gaetano Caltagirone, il professore della Bocconi di Milano Donato Masciandaro, il direttore del Sole 24 ore Radiocor Fabio Tamburini, l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo Corrado Passera e il presidente Aiaf Gregorio De Felice (Ansa)

NAPOLI. Investimenti in infrastrutture e regole certe per fare ripartire la crescita in Italia. E' la ricetta che banchieri e imprenditori sono pronti a sottoscrivere per non farsi trovare impreparati quando l'economia ritroverà il sentiero dello sviluppo. Davanti a una platea di 400 operatori finanziari riuniti a Napoli in occasione del 16° congresso del Forex, Corrado Passera, consigliere delegato e Ceo di Intesa Sanpaolo, Alessandro Profumo, Ceo di UniCredit group, Francesco Gaetano Caltagirone, presidente della Caltagirone Spa, e Donato Masciandaro, direttore del dipartimento di economia dell'Università Bocconi, hanno illustrato la loro ricetta. «Per recuperare il ritardo infrastrutturale servirebbero 40-50 miliardi per 6-7 anni - ha detto Passera nel corso del convegno organizato da Il Sole 24 Ore Radiocor - Sembrano cifre enormi, ma non lo sono considerando che ci sono soldi già stanziati ma non spesi, soldi disponibili da parte dei privati (noi stessi abbiamo già stanziato delle somme per autostrade che non partono) e finanziamenti europei».

Punta sulle infrastrutture anche Caltagirone, secondo il quale «nel nostro paese i bisogni reali sono soprattutto presenti nelle infrastrutture» e quindi più velocemente si realizzano queste opere più «rapidamente si esce dalla crisi». L'imprenditore scommette su due settori con grandi potenzialità: energia e nucleare, per rendere il paese meno dipendente «dall'energia importata».

Certo, i finanziamenti privati sono indispensabili, ma le grandi opere non possono partire senza l'intervento pubblico. «Il problema non è se il capitale pubblico o quello privato siano buoni o cattivi – ha detto Profumo – ci sono alcune opere che senza le cosiddette partnership pubblico-privato non si faranno mai». Il problema, semmai, del rapporto con l'amminisrazione pubblica è la velocità dei processi decisionali.
Su questo, Caltagirone ha denunciato la frammentazione dei processi autorizzativi in Italia che bloccano gli investimenti, ha difeso il ruolo delle banche che si assumono «rischi straordinari» nel finanziare il sistema e ha sottolineato la necessità del capitale pubblico per finanziare le infrastrutture, «senza non avremmo l'autostrada in Italia».

Per mettere mano a un processo decisionale farraginoso ci vogliono regole certe. Donato Masciandaro è convinto che una delle cause dello scoppio della crisi negli Usa sia stata una eccessiva deregolamentazione, accompagnata da una politica monetaria lassista. Ecco perché «in Europa - ha detto - dobbiamo cominciare a ragionare su un unico mercato finanziario europeo, ma sopratutto su una unica vigilanza comunitaria».

«Le regole le fanno le autorità, ma le banche devono fare i conti con uno scenario ancora difficile», ha detto Passera, elencando le tenaglie che schiacciano il sistema bancario dai volumi calanti, agli spread ai minimi livelli, al costo del rischio al massimo, all'elevata tassazione. «In questo scenario, ottenere profitti stellari è improbabile. Ci stiamo impegnando molto per garantire adeguati ritorni ai nostri azionisti, ma è probabile che resteremo improgionati nella morsa sicuramente quest'anno e parte del prossimo anno». Tuttavia, «non abbiamo chiuso l'ombrello del credito che ha tenuto - ha aggiunto Passera - proprio nella fascia delle pmi, con una quantità di accordato di 62 miliardi di euro non ancora utilizzato. La cosa che noi vogliamo di più è finanziare, fare credito». E per farlo, ha ricordato l'ad di Ca' de Sass, Intesa Sanpaolo ha scelto la strada della Banca dei Territori, con vantaggi del radicamento locale coniugato alla forza della grande banca nazionale e internazionale. «E' la strada che stiamo percorrendo da tempo e nella quale crediamo molto e vogliamo continuare a investire».

Va bene essere vicini al territorio, «ma la specializzazione serve», secondo l'ad di UniCredit. Il quale ritiene che bisogna abbandonare «la visione mitica del direttore di filiale che sa fare tutto». E, «uscendo dalla mitologia», ribadisce con chiarezza che «la specializzazione è una cosa che serve». Perché «capire cosa succede nei territori è un mestiere, così come conoscere i clienti è fondamentale ed è un altro mestiere. Ognuno ha la sua specificità».

14 febbraio 2010
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